Cos’hanno in comune la meditazione e la fotografia? Due attività che a prima vista possono sembrare estremamente lontane. La prima guarda verso l’interno degli esseri umani, la seconda – a meno che non si tratti di radiografie ;) – verso l’esterno.

Per prima cosa mi verrebbe da dire che ambedue le pratiche sono complesse: necessitano di impegno, attenzione e tecnica. Richiedono entrambe una grande disciplina.

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tornare ad essere bambini

La necessità di un ritorno all’età dell’innocenza

Fotografare come meditare è un’attività profondamente umana (la nostra intelligenza fin da bambini si sviluppa osservando). Possiamo dire che tanto la meditazione quanto la fotografia sono due pratiche che necessitano un ritorno all’età dell’innocenza. L’eta nella quale un bambino scruta in modo insaziabile, senza preconcetti il mondo interiore ed esteriore. Meravigliandosi di tutto.

La meditazione allo stesso modo ci permette di osservare il nostro respiro (ciò che ci permette di essere vivi) nel suo fluire, diminuendo le ansie, le aspettative sul mondo, sugli altri e sulle cose. Tale mancanza di aspettative permette agli occhi e quindi al cervello/pensiero di guardare le cose e le persone in modo vergine.

Ogni momento della nostra vita è irripetibile, in questo senso Henry Cartier Bresson, uno dei più grandi fotografi mai vissuti, ha fermato alcuni “momenti decisivi” (usando le sue parole). Quello che si scopre attraverso la meditazione è che ogni singolo momento/spazio/persona è DECISIVO e lo è sempre. È solo la nostra capacità di imparare a “vedere” che ci permette di comprendere quale sia la giusta composizione (usando una terminologia fotografica) capace di includere o escludere dall’inquadratura i dettagli superflui.

Imparare a meditare non ci farà diventare più saggi e non ci permetterà di scattare capolavori. La meditazione così come la fotografia (ed insieme ancora di più) sono due equalizzatori e amplificatori. Da una parte permettono di eliminare i rumori di fondo (siamo immersi nel rumore di fondo ed è per questo che dobbiamo “equalizzare”) dall’altra, entrambe le pratiche, permettono di “amplificare” il senso delle cose. Anche quelle minime, che raccontano la loro storia a volume molto basso, ovvero anche quelle che difficilmente emergono ad un primo sguardo distratto.

Imparare a fotografare è un percorso lungo, così come imparare a meditare. Non si nasce fotografi (si nasce magari geni, artisti, ricchi di spirito) ma non si nasce fotografi. La fotografia è una pratica e necessità una quotidiana applicazione. E così come si svuotano le schede di memoria una volta scattato un progetto, così è necessario ogni volta “resettare” il proprio pensiero. Rimettersi alla ricerca ogni giorno come se fosse la prima volta.

Così come meditare ci deve far vivere il nostro respiro come se fosse sempre il primo, perfezionando ogni giorno questa nostra attenzione “non giudicante” su noi stessi e sugli altri.

L’illuminazione in ultimo è un termine che accomuna le due pratiche: illuminare, essere illuminati, cercare l’illuminazione o essere trovati da essa. In questo senso, la fotografia, come la meditazione, è una delle pratiche che avvicina di più alla bellezza dell’universo.

Una delle foto più importanti della storia della fotografia “concettuale” è quella “Omaggio a Niépce” 1968-1970 di Ugo Mulas. Un negativo nero (ovvero completamente esposto alla luce), del quale vediamo solamente i contorni. In questo buio, in questa mancanza totale di trasparenza e di illuminazione ritroviamo lo stupore dei bambini, lo stupore di Niépce e delle sue primissime fotografie. Dal buio alla luce.

Ho sempre pensato che una pellicola fotografica, così come un sensore fotografico, viva la maggior parte della sua esistenza “nel buio” per essere “esposto” solo per un cento venticinquesimo di secondo. E resti poi eterno per quell’istante di luce.

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Ugo Mulas, Omaggio a Niépce, 1968-1970. © Eredi Ugo Mulas. Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano – Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

Ugo Mulas, Omaggio a Niépce, 1968-1970. © Eredi Ugo Mulas. Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano – Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

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